lunedì 15 gennaio 2007

DISTRETTO CULTURALE EVOLUTO

IL DISTRETTO CULTURALE EVOLUTO NELL’AREA VILLEROY ALLA GAMMARANA

Le modalità di sviluppo del territorio hanno rappresentato nel corso degli ultimi decenni un campo di ricerca per urbanisti, architetti, scienziati dell’ambiente, economisti, geografi, antropologi, sociologi, in uno sforzo comune di individuazione, ciascuno dalla propria prospettiva disciplinare, dei fattori critici capaci di spiegare le formule d’organizzazione e sviluppo del territorio.

Attraverso l’analisi dei processi di sviluppo territoriale delle società post-industriali è possibile osservare il peso rilevante assunto da una formula di capitale presente nel territorio ma fino ad ora scarsamente accreditata di fornire nuovi stimoli alla crescita del sistema locale nel suo complesso: la cultura.

Nel campo dell’urbanistica lo sviluppo del territorio urbano è stato affrontato da almeno tre punti di vista: pianificazione, gestione, governo del territorio.

Gli anni dai ’50 ai ’70 sono stati caratterizzati dalla “spatial planning”, cioè l’idea che il controllo la crescita urbana possa essere regolato e controllato dalle istituzioni attraverso il PRG o Master Plan con la volontà di definire la dimensione spaziale ottimale della città con l’obiettivo di controllare le dis-economie, razionalizzare le risorse, utilizzando lo “zoning” quale elemento di controllo del suolo a livello di destinazione d’uso, e determinare al livello istituzionale le scelte di investimento dei privati.

Dalla fine degli anni ’70 emerge un orientamento prevalente verso il controllo della crescita e dell’organizzazione della città, e verso la gestione delle trasformazioni urbane nel loro complesso; allo strumento dirigistico del PRG si sostituisce la gestione dell’area urbana attraverso l’“urban management”, le istituzioni locali assumono così il ruolo di manager della crescita urbana.

Nel corso degli anni ’90 si passa al livello di “governance urbana”, una forma evoluta di presidio del territorio per mediare e governare gli interresi e conflitti. Viene quindi introdotta la pratica di definire la caratterizzazione tipologica del territorio attraverso uno strumento che abbia l’obiettivo di creare consenso tra gli attori: il piano strategico. Nel processo di pianificazione della città, infatti, entrano in gioco numerosi attori, portatori di interessi locali, pubblici e privati, associazioni, variabili di un sistema complesso di difficile gestione se non con un approccio integrato che veda la possibile comunicazione tra le parti attraverso la costituzione di un linguaggio comune e la creazione di network, e che mira a fornire le linee guida per la gestione del territorio, quale organismo
strutturato che si sviluppi e agisca in risposta ad una pluralità di interessi ed obiettivi anche parzialmente in conflitto.

A livello economico, quale risposta al processo di globalizzazione iniziato alla fine degli anni ’70 — che ha portato alla delocalizzazione dai paesi occidentali di importanti settori produttivi (e in particolare della quasi totalità dei settori manifatturieri), a vantaggio dei paesi in via di sviluppo meno soggetti a vincoli e restrizioni in termini di costo e tutela del lavoro — si è assistito al proliferare delle ricerche volte a comprendere la relazione tra economia e territorio, nella direzione di fornire nuovi elementi in grado di contrastare e governare la tendenza in atto.

Emerge chiaramente quali sono gli elementi chiave del successo nello sviluppo dell’economia e del territorio, un complesso dove l’influenza della società quale sistema articolato di conoscenze e saperi trasmissibili, contiguità tra spazio abitativo e spazio produttivo, infrastrutture ed elementi paesaggistici presenti, dà modo di creare un sistema in grado di permettere la produzione a livelli di eccellenza qualitativa di beni e servizi, promuovendo al contempo la crescita di tutto il sistema anche nel settore sociale e ambientale.

Viene quindi ad esplicitarsi la relazione tra economia, società e territorio quale sistema complesso in grado di generare crescita e sviluppo, e diviene quindi evidente come nelle attuali società occidentali sia in atto un confronto non più unicamente tra agenti economici, ma tra sistemi territoriali,dove l’organizzazione delle risorse e lo sviluppo organico degli elementi precedentemente richiamati è presupposto necessario alla crescita della competitività del sistema e della sua capacità di attrarre risorse dall’esterno, e dove il concetto di valore assume nuovi connotati quale chiave strategica per lo sviluppo del territorio.

A fronte di queste riflessioni si ritiene non molto interessante la proposizione di un modello culturale o meglio di un distretto culturale mono-filiera dove vige solo il modello della città d’arte.

Senza entrare nel merito questo approccio ha rivelato tutti i suoi limiti quando si esaminano le conseguenze dirette di questo atteggiamento: la creazione di una vera e propria economia della rendita culturale, caratterizzata da una attenzione quasi nulla alle problematiche della produzione di nuova offerta culturale e al confronto con le realtà internazionali più propositive ed innovative in ambito culturale.
La preoccupazione pressoché unica è quella di garantire le condizioni di attrazione di una domanda turistica mass-market interessata ad una fruizione immediata e poco sofisticata dei luoghi-simbolo della città.

Per superare i limiti dell’approccio del distretto culturale mono-filiera bisogna muoversi verso una concezione di distretto culturale ‘evoluto’ fondata sull’esistenza di complementarità strategiche tra filiere culturali differenti, appartenenti a settori produttivi diversi, tanto interni che esterni agli ambiti della produzione culturale.
In questa concezione la produzione e la fruizione culturale non vengono intese tanto come centri di profitto quanto piuttosto come elementi di una catena del valore complessa di natura post-industriale, e svolgono in particolare funzioni di generazione e di diffusione di idee e pensiero creativo a favore di filiere produttive che hanno bisogno di questo tipo di apporto per perseguire modelli di specializzazione e di vantaggio competitivo ad alto valore aggiunto immateriale

Il distretto culturale evoluto si caratterizza poi per una eclettica combinazione di elementi top-down e bottom-up, che nasce da un complesso processo di contrattazione tra i vari attori locali dello sviluppo e dal ruolo specifico che ciascuno di essi assume in uno specifico contesto locale. Si tratta in altre parole di un processo di auto-organizzazione guidata, nella quale i tre macroeffetti (esercitare attrazione verso l’esterno, in particolare nei confronti di professionisti e talenti creativi; produrre innovazione per il sistema economico e culturale; ri-orientare a livello motivazionale gli individui e la società verso attività ad alto contenuto esperienziale) si combinano rispondendo creativamente
ai vincoli posti dalla storia e dalle caratteristiche del contesto locale.

La crescita della competitività del sistema economico quale fattore di sviluppo locale attraverso la creatività non è generata solamente dalla capacità di attrazione nel territorio dei knowledge workers, ma dal tramutare questa potenzialità e di utilizzarla per la costruzione di un sistema territoriale che da queste risorse trae nuove idee e modalità di sviluppo. Ciò è importante in quei sistemi definiti da Porter innovation-driven economies (Porter 2003), dove lo sviluppo e la competitività del sistema vengono ad essere caratterizzati dalla presenza di elementi quali un sistema sociale ben integrato, opportunamente
sensibilizzato e partecipe del progetto di sviluppo grazie all’introduzione di risorse e politiche destinate alla partecipazione degli individui e all’inclusione sociale, la localizzazione di infrastrutture culturali/ricreative, la presenza di un
sistema educativo e di centri di ricerca di alto livello, un sistema economico/produttivo in grado di interagire con gli attori preesistenti.
Le caratteristiche peculiari per la creazione di un sistema territoriale competitivo nello scenario post-industriale sono quindi riscontrabili nella: localizzazione di attività economiche diversificate nei campi della produzione di beni e servizi ad alto valore aggiunto in grado di generare flussi di interscambio delle conoscenze quali fattori di generazione dell’innovazione; presenza di capitale umano di elevata qualità, in grado di elaborare nuove modalità operative e conoscenze per un approccio creativo alla produzione e alla risoluzione dei
problemi connessi;
• esistenza di una base di capitale sociale funzionale alla costituzione di un network in grado di collegare strutture comunitarie, associazioni, industria privata e istituzioni pubbliche, istituzioni culturali e sistema educativo;
• possibilità di vivere e lavorare in un luogo ricco di infrastrutture culturali e sportivo/ricreative quali teatri, musei, sale da concerti, impianti sportivi, cinema, locali, e così via, e la presenza di cultural diversity in grado di fornire occasione di formazione e arricchimento personale dell’individuo anche attraverso momenti di confronto e scambio relazionale con altre persone e culture.
I nuovi processi di sviluppo in atto necessitano di forme di cooperazione molto articolate nelle quali le istituzioni, le imprese, le strutture culturali e formative, le associazioni di privati cittadini sappiano formulare e perseguire efficacemente
sistemi di obiettivi condivisi, così da innescare un processo di trasformazione strutturale del territorio nel senso di un orientamento crescente alla produzione e alla diffusione di conoscenze e di attività ad alto contenuto esperienziale, che
poi tenderà a diventare elemento di attrazione, modalità endogena di marketing dal territorio piuttosto che esogena e quindi inevitabilmente artificiosa e forzata.



1) Le riflessioni prodotte in questo testo sono state tratte da articoli sul tema dalla Rivista: Global & Local Economic Review

Il Presidente Associazione Culturale Quartiere Gammarana
Ing. Alfonso Marcozzi